mercoledì 29 dicembre 2010

Le frasi che fanno crescere i ragazzi - Parte 1 - PNL in Pratica

Le frasi che fanno crescere i ragazzi - Parte 1 - PNL in Pratica: "Ci sono alcune frasi che molti di noi sono abituati a sentire in famiglia e magari in certi casi usiamo noi stessi nell'educazione dei nostri ragazzi.
Si tratta di esclamazioni, domande di varia natura, verbalizzazioni di pensieri più o meno consci che svelano la nostra inadeguatezza di fronte a certe situazioni difficili da gestire e che certamente non risolvono la questione anzi, spesso sono destinate ad aggravarla nel tempo.
Leggiamone alcune:


"Oggi sei stato cattivo!"
"Perché fai così? "
"Cosa devo fare per farti stare buono?"
"Non so più cosa devo fare con te..."
"Se continui così stasera non vedi la TV!"
"Non otterrai mai nulla se continui a comportarti in questo modo!"



Quante volte le hai sentite pronunciare? Certamente nella tua mente te le sarai lette con i toni adeguati e forse pensandoci bene avrai anche identificato il timbro di voce e l'immagine della persona a cui hai sentito spesso pronunciare tali frasi.
Si tratta solo di un campione esemplificativo di frasi che di per se non hanno nulla di cattivo o di sconveniente ma che nascondono dei "tranelli"... Per chi le ascolta?
No, per chi le pronuncia!
Vediamo uno ad uno quali sono i possibili tranelli che si celano dietro queste frasi e studiamo insieme quali possibili alternative si possono sviluppare.






1) "Oggi sei stato cattivo!"
 
E' una frase spesso pronunciata nell'impeto di uno stato emotivo negativo ed è molto riduttiva.
Attenzione perché si tratta di un vero e proprio attacco all' identità di una persona. Immaginate poi se fosse pronunciata regolarmente ad un bambino che sta forgiando la sua identità ed è ancora in fase di " imprinting" (primi anni di vita) che tipo di consapevolezza di se genererà. Il verbo "essere" è ben più forte del verbo "comportarsi" in un certo modo.
Ricordiamoci inoltre che se vogliamo far comprendere a qualcuno che ha fatto qualcosa che a noi non è piaciuta e che non vorremmo che ripeta ancora, sarebbe meglio spiegargli in che modo si è comportato e le conseguenze del suo agire anziché qualificare in modo generalizzante una persona.
L'auto-riflessione va fatta ponendosi la seguente domanda: "cosa ha fatto quel bambino/ragazzo per essere considerato cattivo?"
Trasformerei questa frase in: "Oggi ti sei comportato male perché non hai obbedito a quello che ti avevo detto. Facendo così non otterrai la mia fiducia. Cosa pensi sia meglio fare prossima volta?".
Con questa ultima aggiunta rendiamo partecipe il bambino/ragazzo dell'ideazione di un piano comportamentale più adeguato.


2) "Perché fai così? "


Generalmente si tratta di una domanda che si fa con tono rassegnato nel momento in cui, avendo la sensazione di non saper più cosa fare per cambiare la situazione indesiderata, si serve al nemico la resa sperando in un gesto di pietà da parte sua.
In realtà non ci sono né nemici né avversari, ma nella dinamica di un rapporto educativo si possono inavvertitamente creare i presupposti perché l'altro abbia la sensazione di aver vinto una guerra, con tutte le opportunità che la situazione può offrirgli. Se permettiamo il formarsi questa percezione smettiamo di condurre il rapporto educativo e lo lasciamo nelle mani dell'altro.
Perchè fai così? è una domanda che non ha pretesa di risposta e che, anche se la ricevesse, non servirebbe assolutamente a nulla perché non ha la forza di arrivare alle reali cause del problema che ha generato il sintomo del comportamento inadeguato. Spesso il bambino/ragazzo non è assolutamente consapevole del motivo per cui fa certe cose, sta a noi scoprirle, con la nostra sensibilità e conoscenza passando attraverso percorsi meno diretti di un "gioco del perché" che in questo caso è del tutto inefficace.
Aggiungiamo inoltre che questa domanda può anche irritare chi la riceve perché in questo modo avverte l'inadeguatezza dell'educatore che dovrebbe guidare il rapporto illuminando la strada e da invece idea di brancolare totalmente nel buio nella conoscenza delle esigenze dell'altro.
Potremmo riformularla in: "Cosa intendi ottenere attraverso questo tuo atteggiamento/comportamento?"
Accompagnato da un tono benevolo ma deciso.


3) "Cosa devo fare per farti stare buono?" variante "Non so più cosa devo fare con te..."


Anche in questo caso siamo di fronte ad una dichiarazione di resa da parte del presunto educatore con l'aggravante che scende a compromessi pur di ottenere in cambio ciò che non si riesce ad ottenere attraverso altre modalità. E' l'evidenza di un'incapacità che passa le redini del comando all'educando chiedendogli "cosa deve fare"!
Inoltre il modello linguistico "per farti stare buono", utilizzato impropriamente, de-responsabilizza l'interlocutore dal comportamento desiderato.
C'è da chiedersi: "chi è che ha il ruolo principale nel condurre il buon agire?"
Ecco una proposta diversa che offre supporto ma che rimane autorevole: "noto che ciò che ti ho detto finora non sta funzionando con te; di cosa hai bisogno per comportarti nella maniera adeguata?" "Come posso esserti d'aiuto per permetterti di comportarti in modo diverso?"
E' importante che il tono, a differenza di quello "implorante", sia consapevole, benevolo e deciso.
4) "Se continui così stasera non vedi la TV!"


In questo caso si usa l'espediente della minaccia; frasi simili hanno moltissime varianti, ma il minimo comune denominatore rimane lo stesso: "negare" qualcosa a fronte di un comportamento indesiderato. Non è il massimo da un punto di vista educativo... Le persone ed in particolare i bambini ed i ragazzi vanno orientati al positivo e in direzione di obiettivi gratificanti, non alla paura della minaccia.
La domanda provocatoria a questa affermazione potrebbe essere: "dimmi cosa dovrei fare di diverso per ottenere un premio?"
La proposta più adeguata è: "Se metti in ordine la stanza come ti ho detto, stasera ci guardiamo insieme quel programma che ti piace, ti va?" Potrebbe essere un'ottima cosa includere la nostra presenza nel pacchetto del premio per il comportamento desiderato; rinforza la scelta e farà molto bene al legame.


5) "Non otterrai mai nulla se continui a comportarti in questo modo!"


C'è sempre una buona intenzione dietro ogni affermazione e questa non fa eccezione ma... si potrebbe fare di meglio. I "quantificatori universali" come: mai, sempre, tutti, nessuno,nulla, ecc. sono da usare con molta cautela perché sono delle generalizzazioni che escludono qualsiasi possibilità alternativa. Ad esempio, un comportamento oggettivamente disfunzionale in un momento può essere utile e corretto in altro contesto o momento della propria vita.
Attenzione perché se ci scopriamo ad utilizzare con troppa frequenza tali generalizzazioni stiamo andando a limitare progressivamente la "mappa" del nostro interlocutore.
Riflettiamo meglio chiedendoci: "possibile che non ci sia nulla di utile nel comportarsi in questo modo? Possibile che esistano comportamenti sbagliati in assoluto?"
Una buona riformulazione del modello linguistico potrebbe essere: "questo modo di comportarti ti porterà a... (indicare possibili conseguenze), è proprio questo quello che vuoi?"
Notate la riformulazione linguistica da esclamazione a domanda; evitiamo sentenze, ma sollecitiamo le auto-risposte nei nostri ragazzi innescando la riflessione interna, sono molto più saggi di quanto non immaginiamo.
Nella 2° parte di questo articolo aggiungeremo altri modelli linguistici su cui fare dei ragionamenti e proporre delle alternative più efficaci.
Intanto sarebbe molto interessante sapere cosa ne pensi tu mentre leggi, attraverso i tuoi commenti e le tue esperienze dirette.
(continua...)"


fonte http://www.pnlinpratica.com

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