Non so se, nel corso delle vostre passeggiate, avete notato uno stagno
lungo e stretto accanto al fiume. Deve essere stato scavato dai pescatori e
non è collegato al fiume. Mentre quest'ultimo scorre incessantemente, largo
e profondo, lo stagno è torbido, perché non è collegato alla vita del fiume
e non contiene pesci. Le sue acque sono ferme, mentre il fiume, che
scorre rapido, lì accanto, è pieno di vita e di movimento.
Non pensate
che gli esseri umani siano anch'essi così? Si scavano una piccola pozza
separata dalla corrente rapida della vita e in quella piccola
pozza ristagnano e muoiono; ma, è proprio quella stagnazione, quel declino,
che chiamiamo esistenza. In altri termini, noi tutti desideriamo uno stato
di permanenza; vogliamo che certi desideri durino per sempre, vogliamo che
i piaceri non abbiano mai fine. Scaviamo una piccola tana e ci
barrichiamo dentro con le nostre famiglie, ambizioni, culture, paure,
divinità, forme di culto, e lì moriamo, lasciando che la vita ci scorra
accanto - quella vita che è impermanente, in perenne mutamento, che è così
rapida, ha insondabili profondità, un'eccezionale vitalità e
bellezza.